Oggi vogliamo parlarvi della storia di persone normali che hanno però deciso di dedicare parte della loro vita ad aiutare il prossimo. Persone che come tutti noi, chi più chi meno, porta su di sé le ferite di una vita che non sempre è stata benevola nei loro confronti. Giorno dopo giorno, queste persone aggiungono una nuova pagina al loro libro della vita ma lo fanno aiutando chi ha più bisogno del nostro aiuto e lo fa anche in questi giorni tanto difficili.
Donare, donarsi agli altri non è mai semplice e sicuramente non lo è nemmeno per i tanti volontari della Mensa del Carmine. Intitolata a padre Padre Elia Alleva, con sede nella Basilica Santuario del Carmine Maggiore a Napoli, la mensa ogni giorno dal 1986 è l’unica garanzia di ricevere un pasto caldo nella giornata per tanti bisognosi. Da oltre trent’anni, la Mensa del Carmine è diventata un punto di riferimento per tutta la zona orientale della città di Napoli.
Ogni giorno, grazie all’aiuto di volontari e persone in affidamento, Padre Francesco Sorrentino riesce a servire più di 300 persone al giorno tra clochard, migranti, gruppi di etnia rom e cittadini napoletani. Nel pieno dell’emergenza Covid di marzo, la mensa era riuscita a garantire addirittura oltre 700 pasti al giorno, con picchi che sfioravano i 1200 pasti giornalieri! Cifre che danno un’idea dell’impegno, del lavoro, del sacrificio, e dell’immensa solidarietà che muove tutto questo.
Diversi gruppi di volontari ogni giorno si ritrovano pronti dalle 8:30 del mattino per preparare il servizio. Come la vera cucina di un ristorante, tutti sanno cosa fare, l’organizzazione e la pulizia sono impeccabili, sembra quasi di essere a contatto con dei professionisti della ristorazione. Il pasto giornaliero non è da poco. Primo, secondo, contorno, frutta, dolce, pane e acqua. Un pranzo di tutto rispetto e non solo per una mensa. Tanto in cucina quanto in quella che un tempo era la sala da pranzo (oggi utilizzata per preparare e impacchettare i vari alimenti a causa dell’emergenza Covid) l’aria che si respira è piena di positività, voglia di mettersi in gioco e di straordinaria collaborazione.
Non manca mai un sorriso, da parte di tutti e nei confronti di tutti. Senza però mai distrarsi dall’obiettivo comune: preparare il tutto in tempi serrati poiché a ora di pranzo sono in tanti a presentarsi e bisogna farsi trovare pronti. La struttura però non si occupa solo del servizio di mensa. Dopo aver attraversato lo splendido chiostro interno, saliamo al secondo piano dove si trovano diverse cabine doccia e centinaia di abiti. Ogni due settimane infatti la Chiesa si adopera anche per consentire a chi non ha dimora di fare una doccia calda e cambiarsi d’abito.
Dunque, alle 12:30 inizia il servizio di consegna dei pasti. All’esterno possiamo trovare oltre 300 persone. Gli animi fremono, c’è il timore di restare senza cibo. Padre Francesco e i volontari però gestiscono tutto con autorità e rigore. Si sta in fila e si aspetta il proprio turno, rispettando il distanziamento e indossando la mascherina. Sotto l’occhio vigile delle forze dell’ordine e con qualche rimprovero di Padre Francesco tutto scorre al meglio e tutti riescono non solo ad avere il pranzo ma a fare addirittura il bis.
Alla fine di una lunga giornata di lavoro, facciamo qualche domanda a Padre Francesco:
Qual è la storia della Mensa del Carmine?
“La prima volta che abbiamo servito qui al Centro Padre Elia Alleva nel 1986 era il 13 giugno quando appena 12 ospiti mangiarono al tavolo della Madonna se così possiamo dire. Negli anni sono cambiate tante cose. Oggi siamo arrivati ad oltre 400 pasti al giorno, nel lockdown abbiamo servito con punte di 1200 pasti al giorno. Un’esperienza unica”.
Da dove viene tanta energia? Come mai così tante persone qui hanno deciso di donare parte della loro vita per aiutare i meno fortunati?
“Perché lo facciamo? Avevo fame mi fai dato da mangiare. Avevo sete mi hai dato da bere, questa è l’essenza del nostro essere qui. Nonostante il pericolo, nonostante il rischio di un contagio anche forte. Questo è quello che ci fa stare insieme, in allegria, per cucinare e dare una carezza a chi è meno fortunato di noi. Io non amo chiamarli poveri, sono semplicemente meno fortunati di noi. Noi siamo qui per dare loro una carezza“.
Aiutare tante persone ogni giorno non dev’essere facile
“Tutto quello che facciamo è naturalmente merito dei nostri volontari ma anche della rete che in questi anni è stata creata con le tante realtà del territorio. Collaborare e darsi una mano è bellissimo. Una tra le più importanti è sicuramente Ambiente Solidale. Una realtà che ci è molto vicina perché ci aiuta a servire i meno i fortunati e per questo gli siamo molto grati”.